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Gare pubbliche: gli oneri di committenza Asmel sono illegittimi

Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittime le clausole che prevedono l’obbligo di pagare un corrispettivo a carico degli aggiudicatari delle gare ASMEL per i servizi di committenza erogati alle SS.AA. da ASMEL Consortile nell’ambito delle gare che quest’ultima gestisce.

Il Consiglio di Stato (sezione V),  con la sentenza n. 6787, pubblicata il 3 novembre 2020, si è pronunciata nel merito ed ha dichiarato la illegittimità delle clausole che prevedono   l’obbligo, posto a carico degli aggiudicatari delle gare ASMEL, di pagare un corrispettivo per i servizi di committenza erogati alle SS.AA. da ASMEL Consortile nell’ambito delle gare da quest’ultima gestite  (usualmente pari all’1% dell’importo a base d’asta) e svolte sulla piattaforma telematica di negoziazione riconducibile a quest’ultima, Asmecomm.

Illegittimità degli “oneri di committenza”

Con precisione, l’ASMEL, con il primo motivo di appello, ha sottoposto al Consiglio di Stato la tematica giustificando la legittimità delle clausole della documentazione di gara (nello specifico, del disciplinare) che imponevano all’aggiudicatario il versamento della somma di 80,000 Euro (ossia, l’1% dell’importo a base d’asta) più IVA, individuando, come “norma di copertura”, l’art.16-bis del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, ai sensi del quale, nei contratti pubblici, le spese contrattuali sono poste a carico del contraente privato (“le spese di copia, stampa, carta bollata e tutte le altre inerenti ai contratti sono a carico dei contraenti con l’amministrazione dello Stato”).

Ebbene, il motivo è stato giudicato dai massimi giudici amministrativi infondato nel merito.

Secondo il Supremo Consesso, infatti, tale clausola della lex specialis comporta la violazione dell’art. 41, comma 2-bis, del Codice dei contratti pubblici (a tenore del quale “è fatto divieto di porre a carico dei concorrenti, nonché dell’aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all’articolo 58”), norma che – prosegue il Collegio – preclude alle stazioni appaltanti di riversare i costi derivanti dall’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione, non solo nei confronti dei concorrenti ma anche dell’eventuale aggiudicatario.

Tale rilievo è di per sé già sufficiente, quindi, ad ammettere l’illegittimità dei costi di committenza imposti agli aggiudicatari.

Peraltro, a parere dei Supremi giudici, l’art.16-bis del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 non è comunque idoneo a fondare la richiesta degli oneri in discorso, dal momento che quest’ultima norma e l’art. 41, comma 2-bis, d.lgs. n. 50/2016 hanno oggetti diversi: la prima è relativa alle spese per la stipula e la registrazione dei contratti, mentre la disposizione del Codice dei contratti pubblici è specificamente riferita ai costi di gestione delle piattaforme telematiche.

Assenza della qualifica di Centrale di committenza in capo ad ASMEL S.c. a r.l.

Con il secondo motivo d’appello, ASMEL Consortile ha sostenuto che la qualifica di Centrale di committenza deriva dall’essere un’associazione tra amministrazioni aggiudicatrici (ossia, i piccoli comuni associati) e, a sua volta, amministrazione aggiudicatrice per l’art. 3, comma 1, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (ai sensi del quale, tra le Amministrazioni aggiudicatrici rientrano: le «amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti»).

Anche tale motivo è stato giudicato infondato dai Giudici d’appello.

Infatti, il Collegio ha ricordato che, per operare come Centrale di committenza, costituisce requisito indispensabile la preventiva iscrizione nell’apposito elenco dei soggetti aggregatori, disciplinato dall’art. 9 del decreto legge  24 aprile 2014, n. 66, (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89) e tenuto dall’ANAC, il quale effettua altresì la verifica dei requisiti d’iscrizione.

Ora, ASMEL Consortile non risulta essere iscritta al predetto registro, non potendo, quindi, operare come soggetto aggregatore per i Comuni consorziati in essa.

Sul tema, peraltro, i Supremi giudici hanno richiamato la pregressa querelle ANAC-ASMEL relativa proprio alla sussistenza dei requisiti di operatività come Centrale di committenza, ricordando che, fin dal 2015, l’Autorità ha espressamente negato che Asmel Consortile sia in possesso dei requisiti soggettivi e organizzativi necessari per l’inserimento nell’elenco dei soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, escludendone, conseguentemente, la legittimazione ad espletare attività di intermediazione negli acquisti pubblici.

Per il testo della sentenza è possibile rivolgersi in Associazione.

Igino Carulli

Igino Carulli