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Mandante di ATI: Istanza di Concordato in bianco – Rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Con l’ordinanza n. 309, dell’8 gennaio 2021, la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa alle conseguenze, stabilite nel vigente ordinamento, per il caso di presentazione, in fase di gara, della c.d. domanda di concordato in bianco da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo.

La V sezione del Consiglio di Stato, rilevati i contrasti giurisprudenziali sul tema, ha rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:

  1. se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco exart. 161, comma 6, LF, da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;
  2. se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;
  3. in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;
  4. se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter, d.lgs. n. 50 del 2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del RTI dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione.
  5. Premesse

Con l’ordinanza n. 309, dell’8 gennaio 2021, la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa alle conseguenze, stabilite nel vigente ordinamento, per il caso di presentazione, in fase di gara, della c.d. domanda di concordato in bianco da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo.

In primo luogo, il Supremo Consesso ha proceduto ad esaminare gli istituti rilevanti nella vicenda di specie, ossia il concordato cd “in bianco” e il concordato con continuità aziendale, ad oggi disciplinati dalla vigente Legge fallimentare (RD n. 267 del 1942).

Quanto al primo tipo, con il concordato “in bianco” (o “con riserva”) – oggi disciplinato dall’art. 161, comma 6, della Legge Fallimentare e confermato anche dal recente “Codice delle crisi d’impresa” (d.lgs. n. 14/2019, art. 44) – viene consentito il deposito di una domanda di concordato preventivo sostanzialmente priva di contenuto: la domanda di accesso alla procedura, infatti, non dev’essere immediatamente corredata dalla proposta diretta ai creditori e dal piano di adempimento della stessa (ordinariamente richiesti all’atto del deposito della domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 2, LF), ma questi ultimi documenti possono essere presentati anche successivamente, entro “un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni” (così l’art. 161, comma 6°, LF).

È sufficiente, al momento della presentazione della domanda, allegare a quest’ultima soltanto i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori.

Lo scopo dell’istituto è, infatti, quello di garantire, sino alla scadenza del termine concesso dal Tribunale, una protezione contro le azioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l’iscrizione unilaterale di diritti di prelazione (art. 168 LF) pur in assenza di una proposta di concordato vera e propria.

Contestualmente, il debitore può utilizzare il predetto arco temporale sia per predisporre la proposta ed il piano, valutandone la fattibilità, nonché  per raggiungere possibili accordi con i creditori, diretti a favorirne un esito positivo, mentre il Tribunale potrà eventualmente dichiarare inammissibile la domanda soltanto una volta decorso del termine da esso stesso concesso, ossia quando il debitore sarà chiamato a depositare la proposta definitiva e la correlata documentazione.

Il concordato con continuità aziendale (oggi disciplinato dall’art. 186 bis LF, ad hoc aggiunto ad opera del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134), invece, è caratterizzata dalla presentazione di un piano che preveda “la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione” (art. 186 bis, comma 1, LF), oltre ad essere circondato da serie di cautele, tese a garantire che la continuità sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, e che sia sostenibile sul piano economico-finanziario.

Specifica peculiarità di tale istituto è – ha ricordato il Consiglio di Stato –  la possibilità (per chi via sia ammesso) sia di proseguire nell’esecuzione dei contratti pubblici già in essere, sia di partecipare a nuove procedure di gara.

A questo punto, il Supremo Consesso si sono interrogati sull’effettiva configurabilità di una sorta di “ibrido” tra le due predette figure: una domanda di concordato “in bianco” finalizzata alla successiva presentazione di un concordato in continuità aziendale.

Al riguardo, i supremi Giudici hanno rilevato che, sebbene, da un lato, la presentazione di un concordato in bianco diretto alla continuità aziendale appaia ammessa dall’attuale normativa (art. 182 quinquies, comma 1, LF), dall’altro lato non mancano le perplessità, essenzialmente ancorate al dato letterale: il concordato con continuità aziendale, ai sensi dell’art. 186 bis LF, sembra essere esclusivamente quello dotato dei requisiti che la stessa disposizione richiede, i quali, ovviamente, non sono rinvenibili nel concordato “in bianco”, per definizione privo di contenuti.

Naturalmente, poi, ritenendo ammissibile la proposizione di una domanda di concordato “in bianco”, con riserva di istanza per il concordato con continuità aziendale, il debitore godrebbe dei benefici propri anche di quest’ultimo istituto, tra i quali, come osservato, la possibilità di partecipare a nuove gare d’appalto.

Ed è proprio in relazione a quest’ultimo aspetto che la Sezione ha rilevato due orientamenti giurisprudenziali opposti, che sono stati oggetto d’esame.

  1. Gli opposti orientamenti della giurisprudenza

Secondo una prima tesi, anche al caso di la presentazione di una domanda di concordato “in bianco” va applicata la deroga prevista dall’art. 186 bis LF, secondo cui, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, l’impresa conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti.

Di conseguenza, la presentazione di una domanda di concordato “in bianco” con riserva di istanza per il concordato con continuità aziendale, non impedisce, di per sé, la partecipazione ad una procedura di gara, non determina la perdita dei requisiti di partecipazione in capo all’operatore economico e, pertanto, non rappresenta causa di automatica esclusione dalle procedure di affidamento dei pubblici contratti.

Per altro verso – ha osservato il Supremo Consesso, va rilevato che l’art. 161, comma 7, LF, stabilisce che, dopo la presentazione dell’istanza di ammissione e prima della relativa decisione del Tribunale, il debitore possa compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, se autorizzato dal Tribunale, o anche atti di ordinaria amministrazione.

Tuttavia, secondo l’orientamento in discorso, si deve escludere che la partecipazione ad una pubblica gara in pendenza di domanda per l’ammissione al concordato costituisca atto di straordinaria amministrazione, necessitante, in quanto tale, dell’autorizzazione del Tribunale; ciò, in quanto sono tali solo gli atti che possono oggettivamente incidere in senso negativo sul patrimonio destinato a soddisfare i creditori. In ogni caso, la relativa valutazione deve essere frutto di un riscontro caso per caso, nel quale occorre tener conto della specifica finalità che l’atto risulta oggettivamente perseguire.

Al contrario, secondo un’opposta tesi, alle imprese che hanno presentato istanza di concordato in bianco non è consentito partecipare a nuove procedure di gara, con conseguente esclusione dalle stesse.

Nello specifico, questa seconda interpretazione individua le uniche attività consentite agli operatori economici “in attesa di ammissione” in quelle straordinarie ed urgenti e, al riguardo, ritiene che tra queste ultime vada annoverata la partecipazione alle gare pubbliche.

In quanto attività di straordinaria amministrazione, pertanto, la partecipazione a nuove gare dev’essere espressamente autorizzata dal Tribunale, previo riconoscimento del carattere d’urgenza (ex art. 161, comma 7, LF) nonché dell’effettiva capacità dell’impresa di eseguire le obbligazioni oggetto di appalto.

Infatti, da un lato, non tutti gli atti aventi carattere “straordinario” sono autorizzabili in pendenza di ammissione, ma solo quelli urgenti. Prima dell’ammissione al concordato solo l’urgenza può fungere, pertanto, da causa giustificatrice in una fase in cui nessuno è ancora in grado di sapere quale proposta concordataria verrà presentata e sulla base di quale piano.

Dall’altro lato, poi, la valutazione relativa alla possibilità, per l’impresa, di adempiere agli obblighi derivanti dalla commessa pubblica può essere svolta soltanto in caso di deposito di quella documentazione già richiesta dall’art. 186 bis LF (deposito, contestuale all’istanza di ammissione, di un piano di concordato e di una relazione di un professionista che attesti che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori) che, invece, manca nella fattispecie del concordato “in bianco”.

  1. La presentazione dell’istanza di concordato in bianco ad opera di una mandante di RTI

Oltre agli interrogativi sopra esposti, è stato rimesso alla Plenaria anche il quesito relativo agli effetti che la presentazione di un’istanza di concordato “in bianco” da parte di una delle imprese riunite in RTI avrebbe sulla partecipazione alla gara dell’intero raggruppamento.

In particolare, la questione riguarda l’ipotesi se, dopo che la mandante abbia presentato istanza di concordato “in bianco”:

  1. Quest’ultima debba essere esclusa dalla gara, ma con possibilità di sostituzione con altra impresa, anche nuova e diversa dalle originarie componenti il gruppo, ovvero
  2. L’intero raggruppamento debba essere estromesso (e l’eventuale aggiudicazione dichiarata illegittima), quando la mandataria o le altre mandanti non soddisfano autonomamente i requisiti di partecipazione.

Anche con riferimento a tale tematica, la Sezione ha rilevato un contrasto giurisprudenziale.

Nello specifico, l’orientamento favorevole alla soluzione sub a), fermo restando il generale principio dell’immutabilità della composizione del gruppo originario, valorizza le diverse eccezioni ammesse dalla disciplina normativa, interpretandole estensivamente.

In particolare, il riferimento è alla deroga prevista dall’art. 48,  commi 17 e 18, del Codice dei contratti pubblici.

Nel comma 18, infatti, è previsto che, in caso di esclusione di una mandante, possa essere indicato, in luogo di questa, un “altro operatore economico subentrante” dall’esterno. Una previsione analoga, invece, non è riscontrabile nel comma 17, che fa riferimento all’opposta ipotesi di esclusione della mandataria.

Pertanto – hanno osservato i Giudici – “Dal raffronto tra le due disposizioni parrebbe potersi evincere che il legislatore ha inteso disciplinare in modo differente il caso in cui la procedura concorsuale interessi un’impresa mandante da quello in cui l’evento colpisca l’impresa mandataria, ammettendo l’ingresso di un operatore economico subentrante dall’esterno solo nella prima ipotesi”.

Differenza di disciplina che si giustificherebbe alla luce del diverso ruolo svolto da mandante e mandataria nel rapporto con la Stazione appaltante: la prima è soggetto esecutore delle prestazioni contrattuali ma senza contatti diretti con l’Amministrazione mentre, al contrario, la mandataria ne costituisce l’interlocutore pressoché esclusivo.

Diversamente, l’interpretazione a sostegno dell’ipotesi sub b) muove dal principio della tendenziale immodificabilità soggettiva della compagine originaria ed invita a leggere le tassative ipotesi derogatorie in maniera rigidamente restrittiva.

Difatti, consentire la  sostituibilità in corso d’opera delle imprese raggruppate, perseguendo l’effetto di affidare la commessa ad un soggetto estraneo alla gara, pure in presenza di altri concorrenti collocati in posizione utile in graduatoria, rischierebbe di tradursi in un vulnus sia del principio della par condicio sia delle regole dell’evidenza pubblica.

Peraltro, viene altresì fatto rilevare il generale divieto di modificazioni alla composizione dei raggruppamenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta, sancito dall’art. 48, comma 9, del Codice, confermato dal successivo comma 19, che impedisce le predette modifiche quando siano finalizzate “ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”.

Inoltre, sul tema va considerato anche il disposto del comma 19 ter dello stesso art. 48, a norma del quale le deroghe previste dai precedenti commi 17 18 e 19 – che si riferiscono, in sé, alla fase esecutiva – possono estendersi anche alla fase di gara.

E, con particolare riferimento al caso di sostituzione della mandante, la Sezione suggerisce una lettura coordinata dei predetti commi 18, 19 e 19 ter: dal combinato disposto di tali disposizioni, nella sostanza, emergerebbe una disciplina secondo la quale anche l’ipotesi di deroga costituita dal subentro di un nuovo soggetto in luogo della mandante estromessa (ex comma 18), ammessa anche in fase di gara (ex comma 19 ter), non può essere consentita per eludere un’eventuale mancanza dei requisiti in capo a una o più delle imprese raggruppate (ex comma 19). Obiettivo, questo, al quale ben potrebbe essere preordinata la sostituzione di “un’impresa idonea a un’altra deficitaria”.

Pertanto – secondo quest’ultima lettura – la sostituzione di una mandante in fase di gara con altro operatore che non abbia partecipato alla formulazione dell’offerta non rientrerebbe nelle deroghe previste dal Codice, in quanto si tradurrebbe in una sostanziale elusione dei criteri di ammissione alla gara, comportando una modifica sostanziale dell’offerta e dell’identità stessa del raggruppamento.

Diversamente, si finirebbe per mettere sullo stesso piano dei “concorrenti che hanno mantenuto integri ed inalterati i propri requisiti oggettivi e soggettivi per tutta la durata della procedura, i concorrenti che sono, invece, incorsi in situazioni ostative alla partecipazione”.

  1. Conclusioni

Rilevati, quindi, i predetti contrasti, la Sezione ha rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:

  1. se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex 161, comma 6, LF, da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;
  2. se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;
  3. in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;
  4. se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter, d.lgs. n. 50 del 2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del RTI dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione.

Per ulteriori informazioni, rivolgersi in Associazione.

Igino Carulli

Igino Carulli