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Privacy – No alla rilevazione delle impronte digitali senza specifici requisiti

Il Garante per la protezione dei dati personali ha chiarito i requisiti del datore di lavoro per l’attivazione di sistemi di rilevazione delle impronte digitali per accertare la presenza dei dipendenti.

Di seguito riportiamo, in sintesi, le rilevazioni del Garante che è intervenuto a seguito della segnalazione di un’organizzazione sindacale che lamentava l’introduzione, da parte di una società sportiva dilettantistica, di un sistema di timbratura per la rilevazione delle presenze con terminale biometrico.

Nel corso dell’istruttoria e degli accertamenti ispettivi, effettuati dal Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza, è emerso che la società aveva effettuato, per quasi quattro anni, la rilevazione delle impronte digitali dei 132 dipendenti per accertarne la presenza in servizio, allo scopo di “agevolare i dipendenti nella registrazione dell’orario di entrata e di uscita” e adottare un sistema “più snello e veloce” rispetto a quello precedentemente in uso basato sul badge.

Sul punto il Garante ha chiarito che tale rilevazione è stata effettuata in assenza di un’idonea base giuridica, in quanto il trattamento di dati biometrici1 sul posto di lavoro è consentito solo qualora tale trattamento sia “necessario per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare del trattamento o dell’interessato in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale e protezione sociale, nella misura in cui sia autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri o da un contratto collettivo ai sensi del diritto degli Stati membri, in presenza di garanzie appropriate per i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato” (art. 9, par. 2, lett. b) del Regolamento.

L’Autorità ha, altresì rilevato che “il consenso richiesto ai lavoratori non costituisce un valido presupposto di liceità per il trattamento dei dati personali in ambito lavorativo. Ciò alla luce della asimmetria tra le rispettive parti del rapporto di lavoro e la conseguente, eventuale, necessità di accertare di volta in volta e in concreto l’effettiva libertà della manifestazione di volontà del dipendente”.

Inoltre, l’utilizzo del dato biometrico nel contesto dell’ordinaria gestione del rapporto di lavoro, quale è l’attività di rilevazione delle presenze, al fine di garantire maggiore velocità e snellezza delle relative operazioni, non appare conforme ai principi di minimizzazione e proporzionalità del trattamento.

L’Autorità ha, poi, rilevato che la società, oltre ad aver violato i principi di minimizzazione e proporzionalità trattando per scopi di ordinaria gestione una tipologia di dati protetta dal Regolamento europeo con particolari garanzie, aveva fornito ai lavoratori informazioni del tutto carenti sulle caratteristiche dei trattamenti biometrici.

Igino Carulli

Igino Carulli