Consorzi Stabili: No al Cumulo alla rinfusa nei Beni Culturali

Nell’ambito di una procedura di affidamento di lavori di restauro e conservazione di un edificio storico, anche nel contesto del nuovo codice appalti, non si applica il principio del cumulo alla rinfusa che caratterizza i consorzi stabili. Lo stabilisce il Tar Toscana.

Con la sentenza del 4 giugno 2024, n. 682, il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana ha annullato il provvedimento di aggiudicazione in favore di un consorzio, accogliendo il ricorso del secondo classificato idoneamente e specificatamente qualificato in ragione della tipologia di lavori e di importo degli stessi.

1.       L’antefatto

In una gara per l’affidamento dei lavori di restauro e conservazione della copertura di un edificio storico, la lex specialis richiedeva ai concorrenti di essere qualificati nella categoria OG2, class. IV, trattandosi di lavori su beni sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali. Il relativo disciplinare precisava inoltre che “l’operatore che esegue i lavori deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica, al fine di assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento”.

La gara veniva tuttavia affidata ad un consorzio stabile, in cui l’impresa consorziata indicata quale esecutrice dei lavori era in possesso della classifica III-bis, inferiore quindi a quella (IV) richiesta dagli atti di gara. E su tali basi veniva presentato il ricorso da parte del secondo classificato.

2.       Il cumulo alla rinfusa

Secondo la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, per la partecipazione alle gare d’appalto di lavori, servizi e forniture, è sufficiente il possesso dell’attestazione di qualificazione richiesta dalla lex specialis in capo al consorzio stabile, a prescindere dalla qualificazione della/e consorziata/e designata/e come esecutrice/i, ciò in applicazione del cd. principio del cumulo alla rinfusa.

 Questo orientamento si basa sul tenore letterale dell’art. 225 comma 13 del nuovo codice appalti, d.lgs. 36/2023, in ragione del quale i consorzi stabili possono fare ricorso al citato “cumulo alla rinfusa” ai fini dell’affidamento, utilizzando i requisiti posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici.

Infatti, da un lato, partendo dal presupposto che il consorzio stabile e le consorziate come un unico soggetto, a questi ultimi deve essere richiesta solo la qualificazione del consorzio; dall’altro, se il consorzio esegue tramite una consorziata non qualificata, è responsabile in solido, operando come un’ausiliaria ex lege. Ne consegue che, indipendentemente da chi possiede i requisiti e chi esegue, i soggetti qualificati e quelli esecutori sono solidalmente responsabili.

In sostanza, il cumulo alla rinfusa equivale a un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità (v. Consiglio di Stato, sez. V, del 3 gennaio 2024, n. 71).

Tale impostazione interpretativa è stata da ultimo avallata dall’ANAC con il Comunicato del Presidente del 31 gennaio 2024 (ove è stato peraltro chiarito il divieto di partecipazione della stessa impresa a più di un consorzio stabile).

3.       L’esecuzione di interventi su beni tutelati

Non era ancora del tutto chiaro se la ricostruzione del cumulo alla rinfusa, come previsto dal codice appalti (d.lgs. 36/2023), si applichi anche ai beni culturali. Questo perché, a fronte della suddetta giurisprudenza sul cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili, l’articolo 9, co. 4, dell’Allegato II.18 al citato ribadisce quanto già previsto all’articolo 146 del D.Lgs. 50/2016, specificando che gli interventi sui beni culturali possono essere utilizzati per la qualificazione solo dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti.

In linea generale, la giurisprudenza ha osservato che la necessità di specifici requisiti di qualificazione deriva dalle esigenze particolari dei beni culturali, la cui tutela richiede competenze adeguate (v. TAR Parma, sez. I, 24/06/2023, n. 203. che richiama Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2019 n. 403). Questa particolarità rispetto a tutti gli altri lavori – già presente nel lontano DM n. 294 del 2000 – mira a garantire che gli interventi sui beni culturali siano effettuati solo da soggetti adeguatamente qualificati, indipendentemente dall’esistenza di un soggetto che si assume la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione. La ragione di ciò è la natura particolare di tali beni, la cui tutela richiede specifici requisiti di qualificazione.

Ne consegue che la giurisprudenza ha in più occasioni ribadito, in base all’articolo 146 del D.Lgs. 50/2016, che un operatore economico che ha eseguito lavori su un bene culturale può utilizzare il relativo requisito di qualificazione solo per sé stesso, senza possibilità di prestarlo, nemmeno nell’ambito dei consorzi stabili (v. Tar Piemonte, Sez. II, 29 novembre 2023, n.  965

Inoltre, secondo questa interpretazione, la necessità di qualificazione in proprio si estende anche alla classifica di importo dei lavori. Questo perché, nel settore dei beni culturali, la qualificazione può essere utilizzata solo dal soggetto che ha effettivamente eseguito i lavori e che possiede i requisiti corrispondenti. Pertanto, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una gara, indipendentemente dalla qualificazione del consorzio o di altre consorziate, la qualificazione richiesta deve essere posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto. Questo vale sia per la categoria dei lavori che per il loro importo (v. Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 2022, n. 1615).

Questo ha portato a sostenere, ad esempio, la necessaria di una specifica qualificazione del consorziato esecutore per gli impianti da eseguire nel contesto sottoposto a tutela. Infatti, deve porsi l’accento sulla natura del bene, quale “contenitore” storico, artistico o architettonico, nel quale le diverse opere devono armonicamente inserirsi. Tale approccio, secondo la giurisprudenza, considera le interferenze funzionali tra le opere (nel caso specifico OG2 e OG11), che devono integrarsi armoniosamente nel medesimo ambito e i fattori estetici e valoriali del bene, imponendo qualificazioni adeguate non solo tecniche, ma anche organizzative ed economiche. Ciò nel presupposto che valorizzare solo il contenuto sostanziale delle opere a scapito del contesto nel quale devono esplicarsi non è ragionevole

(v. Tar Piemonte, 965/2023 cit.).

4.       La decisione del TAR

In TAR Toscana nella sentenza in esame (n. 682/2024), riprende la giurisprudenza ora riportata, evidenziando che la particolare specificità del settore dei beni culturali, caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, impone “con una compressione del principio di concorrenzialità allorquando la stessa sia sorretta da “giustificati motivi” – e in aderenza a quanto operativamente previsto dall’articolo 9, co. 4, dell’Allegato II.18 al Codice dei Contratti, si applica per l’appalto di specie il regime speciale dei beni culturali di qualificazione “in proprio” e il c.d. divieto di cumulo alla rinfusa. Pertanto, l’operatore che esegue i lavori deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica, al fine di assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento”.

Di conseguenza, sottolinea lo stesso collegio, il consorzio aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara perché la consorziata indicata come esecutrice dei lavori al 100% era in possesso della classifica III-bis, inferiore a quella (IV) richiesta dagli atti di gara. Questo è quanto risultava dalla qualificazione dell’impresa esecutrice senza applicazione del cosiddetto ‘cumulo alla rinfusa’, come invece previsto dalla disciplina speciale per lavori su beni culturali. Il ricorso è stato quindi accolto, con annullamento del provvedimento di aggiudicazione.