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Consiglio di Stato e beneficio del quinto nel caso di ATI

Il Consiglio di Stato ha fornito rilevanti chiarimenti in ordine all’operatività del beneficio del c.d. incremento del quinto relativamente ai raggruppamenti temporanei di imprese.

Il Consiglio di Stato (sez. V, 7 marzo 2024, n. 2227) è intervenuto a seguito della decisione della Corte di giustizia, 28 aprile 2022, C-642/20, con riguardo sia alla disciplina previgente, che a quella contenuta nel nuovo Codice dei contratti pubblici.

Il riferimento all’art. 68 del d.p.r. n. 207/2010 e all’allegato II.12 al predetto regolamento, contenuto nella pronuncia del Consiglio di Stato, si ritiene debba essere, infatti, inteso come riferito al d.lgs. n. 36/2023.

Inoltre, la sentenza si sofferma anche sulla sorte dei provvedimenti amministrativi nazionali contrari al diritto europeo.

Di seguito l’analisi della Direzione Legislazione Opere Pubbliche.

  • Il caso di specie

Nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, bandita nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016 e finanziata con risorse PNRR, il raggruppamento temporaneo di imprese risultato inizialmente aggiudicatario dell’appalto veniva successivamente escluso a causa della perdita, da parte dell’impresa mandataria, dei requisiti in relazione alla percentuale di partecipazione al raggruppamento dichiarata al momento della presentazione dell’offerta.

In sede di verifica, era infatti emerso che la suddetta impresa, in occasione del rinnovo dell’attestazione SOA, aveva subito un declassamento nella categoria di lavorazione richiesta nella gara in contestazione, ragione questa per la quale l’amministrazione aveva avviato il procedimento di esclusione, pur a fronte della richiesta dell’operatore economico di poter rimodulare le quote interne al raggruppamento.

La decisione di esclusione veniva impugnata, in primo grado, dinnanzi al tribunale amministrativo territoriale (T.a.r. per la Sardegna sez. II, 27 luglio 2023, n. 584), che respingeva il ricorso, e in sede di appello dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale ha invece ritenuto fondata l’impugnativa.

  • La decisione dei giudici amministrativi

I profili di diritto sostanziale

La posizione assunta dai giudici amministrativi di secondo grado si fonda, essenzialmente, sull’applicazione nel caso di specie rimesso al loro esame del beneficio del c.d. incremento del quinto il quale, ancorché formalmente escluso dalla normativa regolamentare vigente ratione temporis, si ritiene “debba ormai poter essere utilizzato anche dalla mandataria senza alcuna limitazione, alla luce della decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 aprile 2022 (C-642/2020)”.

Con tale sentenza, ricorda il Consiglio Stato, i giudici europei hanno affermato che “l’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale (art. 83, comma 8, III periodo, del D.lgs. 50/2016 n.d.r.) secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”.

Più nel dettaglio, si è ritenuto che la normativa nazionale, nel fissare una disciplina rigorosa imponendo indistintamente, per tutti gli appalti pubblici, sia che la mandataria eseguisse la maggior parte delle prestazioni, sia che possedesse i requisiti di partecipazione in misura maggioritaria, non fosse compatibile con la disciplina europea e che eventuali limitazioni potessero essere ammesse solo però nell’ottica di un approccio qualitativo e non meramente quantitativo.

Venendo ora all’istituto dell’incremento del quinto, la disciplina di riferimento prevede quanto segue.

Con riguardo a quella contenuta nel d.p.r. n. 207/2010, ancora applicabile alle procedure di gara bandite nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016:

– in via generale, l’art. 92, comma secondo, d.P.R. n. 207/2010 prevedeva che “per i raggruppamenti temporanei […] di tipo orizzontale i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per l’impresa singola devono essere posseduti dalla mandataria […] nella misura minima del 40 per cento”;

– in base all’art. 61, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010 “La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito minimo di cui all’articolo 92, comma 2.

Con riguardo, invece, a quanto previsto nel d.lgs. n. 36/2023 e nei relativi allegati:

– ai sensi dell’art. 68, comma 11, d.lgs. n. 36/2023 “I raggruppamenti e i consorzi ordinari di operatori economici sono ammessi alla gara se gli imprenditori o altro raggruppamento che vi partecipano, oppure gli imprenditori consorziati, abbiano complessivamente i requisiti relativi alla capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali, ferma restando la necessità che l’esecutore sia in possesso dei requisiti prescritti per la prestazione che lo stesso si è impegnato a realizzare ai sensi del comma 2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni contenute nell’allegato II.12” al Codice;

– a sua volta, il citato allegato II.12 stabilisce all’art. 2, comma 2, che “La qualificazione in una categoria abilita l’operatore economico a partecipare alle gare e a eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito mimino di cui all’articolo 30, comma 2” del medesimo allegato;

– l’art. 30, comma 2, da ultimo richiamato, stabilisce che “Per i raggruppamenti temporanei […] le quote di partecipazione al raggruppamento […] possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato. I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”.

Tanto premesso, concludono i giudici del Consiglio di Stato, in conseguenza delle statuizioni dei giudici europei, sono da disapplicare sia i limiti (puramente quantitativi) imposti dagli art. 92, comma 2 e 61, comma 2 del d.p.r. n. 207/2010, sia quelli di cui all’art. 2, comma 2, ultimo capoverso dell’allegato II.12 al nuovo Codice.

I profili di carattere processuale

In aggiunta alla questione di diritto sostanziale sopra ricostruita, la sentenza in commento assume rilievo anche sotto il profilo processuale, soprattutto in considerazione di altre recenti pronunce dei giudici amministrativi di contenuto non del tutto coincidente.

In un breve ma significativo passaggio della sentenza del Consiglio di Stato n. 2227/2024, nell’accertare la corretta instaurazione del giudizio da parte dell’impresa ricorrente, si precisa infatti che quest’ultima non avrebbe dovuto preventivamente impugnare la disposizione del disciplinare di gara che – in aderenza alla normativa regolamentare interna allora in vigore – di per sé escludeva l’utilizzo di tale istituto dell’incremento del quinto da parte della mandataria “l’illegittimità della stessa discendendo direttamente dall’applicazione di una norma nazionale contrastante con la direttiva 2014/24/UE”.

Nel ragionamento dei giudici amministrativi, tale affermazione poggia in particolare sulla circostanza che la direttiva europea, come interpretata dalla Corte di giustizia, “necessariamente prevale sulla normativa nazionale con essa contrastante, ai sensi degli artt. 11 e 117 Cost., con conseguente potere-dovere dell’amministrazione e dei giudici nazionali di disapplicare d’ufficio la seconda, senza dover attendere un impulso di parte (ex multis, Cons. Stato, VI, 11 novembre 2019, n. 7874; 3 maggio 2019, n. 2890)”.

Nella sentenza del Consiglio di Stato n. 321/2024, i giudici amministrativi hanno invece affermato – seppur con riferimento ad una prescrizione di gara ritenuta immediatamente escludente, ma anch’essa incidente sulle modalità di composizione dei raggruppamenti – che in ipotesi di provvedimento nazionale illegittimo per contrasto con il diritto europeo, lo stesso “va impugnato e non può essere soltanto disapplicato”, e ciò nel rispetto delle regole sul processo amministrativo, ivi comprese quelle relative ai termini decadenziali.

Igino Carulli

Igino Carulli